Luigi Garlando

immagine per Luigi Garlando In concorso con:
L’estate che conobbi il Che, Rizzoli

Luigi Garlando è giornalista alla «Gazzetta dello Sport». Da anni scrive libri di successo per ragazzi. Il suo romanzo Per questo mi chiamo Giovanni (Fabbri 2004, ora Bur), sulla vita di Giovanni Falcone, è da anni uno dei libri più letti e adottati nelle scuole italiane.

Intervista all’autore

Ti ricordi qual è stato il primo libro che hai letto?
Un Pinocchio illustrato che mi avevano regalato da piccolissimo. Ma il primo vero libro che ho ‘voluto’ comprare e leggere è stato Mazzola v’insegna il calcio, cioè una specie di manuale per giovani calciatori scritto dal famoso campione dell’Inter. Il mio sogno non era quello di diventare uno scrittore, ma un centravanti di Serie A. Lo conservo ancora oggi e, dopo oltre 40 anni, me lo sono fatto autografare da Sandro Mazzola in persona.

Perché e quando hai deciso di scrivere un libro per ragazzi?
L’occasione me l’ha data un concorso letterario indetto dalla casa editrice Piemme. Da buon sportivo mi piace raccogliere le sfide. A quel tempi, negli anni Novanta, era in corso la guerra nella ex Jugoslavia. Ne discutevo spesso con Dejan Savićević e Zvonimir Boban, due giocatori del Milan che frequentavo in quanto giornalista sportivo. Dalla loro amicizia, salvata nonostante vivessero il conflitto su sponde opposte, ho preso spunto per il racconto a tema libero da spedire al concorso. Così è nato il mio primo libro per ragazzi: La vita è una bomba, la storia di un bambino di Sarajevo. Prima di diventare giornalista sportivo, ho insegnato per qualche anno a scuola. Mi piaceva stare in classe e per questo mi è venuto naturale rivolgermi ai ragazzi da scrittore.

Ci sono degli autori o un autore in particolare che hanno influenzato il tuo lavoro di scrittore?
Uno in particolare, scomparso diciassette anni fa: Luigi Santucci. Il suo romanzo, Non sparate sui Narcisi, letto durante le vacanze, è stata la scintilla che mi ha fatto innamorare dei libri e ha incendiato tutta la mia vita. Mi ha fatto intuire per la prima volta quanto può emozionare la magia delle parole. Tornato dalle vacanze, l’ho cercato, gli ho telefonato, sono andato a trovarlo nella sua casa di via Donizetti e gli ho parlato. E ho smesso di sognare di diventare un centravanti.

Raccontaci in breve una giornata tipo di quando scrivi.
Più che raccontarla, la sogno una giornata tipo, cioè dedicata tutta alla scrittura, perché me ne capitano veramente poche. Il mio lavoro di giornalista sportivo è un tiranno avaro ed esigente… Per cui mi devo ingegnare per strappargli il tempo come posso. Scrivo i miei libri in albergo prima delle partite o in aereo durante le lunghe trasferte. Molte mie storie sono nate tra le nuvole… Se invece posso scrivere a casa, nei giorni di riposo o di vacanza, ho due posti dove mi trovo veramente bene e sfioro la felicità: sotto il gazebo del giardino in estate, sul divano della taverna in inverno. Scrivo sempre con il mio computer portatile, lo stesso della Gazzetta dello Sport che uso allo stadio per raccontare le partite di calcio, ormai siamo affiatatissimi. Come Zorro e il suo cavallo, ci basta un’occhiata per capirci.

Cosa ti piacerebbe che pensassero i lettori una volta terminato il tuo libro?
Forte, non me l’aspettavo, peccato sia già finito.

Che cosa consiglieresti a un tuo lettore che volesse scrivere un libro?
Spalanca gli occhi, apri bene le orecchie, mettiti in ascolto, perché in realtà il libro non lo scriverai, ma lo leggerai e lo ascolterai. Arriverà un momento in cui qualcuno dei tuoi personaggi ti insinuerà il sospetto: “Ma se invece di fare questa cosa ne facessi un’altra, la storia non risulterebbe più interessante?” Allora sterzerai verso una direzione che non avevi previsto. A me succede sempre. Per questo considero la scrittura il gioco più divertente del mondo, è un viaggio pieno di sorprese e di scoperte. Il secondo consiglio è cercare di essere molto esigente nella scelta delle tue parole. Quante probabilità hai che la prima conchiglia che trovi in riva al mare sia la più bella? Pochissime. Allora cammina ancora tra le onde, sposta le alghe, cerca… La bambina del tuo racconto può avere i capelli gialli come il sole, ma perché non colore delle patatine? Non è più originale? E poi, naturalmente, leggi, leggi, leggi… La lettura è l’allenamento dello scrittore. Mazzola in quel libro mi consigliava di mettermi davanti a un muro e di palleggiare ore e ore per migliorare le tecnica. Gli aspiranti scrittori migliorano quando stanno davanti alle pagine.

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