Vichi De Marchi

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La trottola di Sofia. Sofia Kovalevskaja si racconta, Editoriale Scienza

Vichi De Marchi, nata a Venezia, vive a Roma. Giornalista e scrittrice, è stata anche autrice di programmi per Raisat ragazzi e ha ideato e diretto Atinù, settimanale d’informazione per bambini. È portavoce per l’Italia del Programma alimentare mondiale delle Nazioni Unite. Oltre alla biografia di Sofia Kovalevskaja, per Editoriale Scienza ha scritto Le arance di Michele (Piemme), vincitore del premio Verghereto e del Soroptimist International, La mia vita tra i gorilla, Premio Verghereto, Emergenza cibo ed Eroi contro la fame tutti per Editoriale scienza. La trottola di Sofia è stato il libro del mese di giugno 2014 del programma radiofonico “Fahrenheit” di Radio Rai3.

Intervista all’autrice

Ti ricordi qual è stato il primo libro che hai letto?
Onestamente non ricordo il primo libro che ho letto. Ricordo, invece, il primo libro che mi ha terrorizzato e fatto piangere. È Cuore di Edmondo de Amicis. Lo leggevo a letto, la sera, piangendo a dirotto per il ragazzino che cercava la mamma e la mamma che era sempre più malata. Del resto cosa c’è di più terribile, quando si è piccoli, di rischiare di rimanere soli, senza la mamma. Poi ricordo i libri di Louisa May Alcott, Piccole donne. Le quattro sorelle protagoniste mi affascinavano, avrei voluto essere come loro. Tranne forse Jo, una delle protagoniste, un po’ troppo maschiaccio per identificarmi del tutto.

Perché e quando hai deciso di scrivere un libro per ragazzi?
In realtà non l’ho del tutto scelto io. Lavorando come giornalista a “L’Unità”, mi sono occupata di un inserto del giornale dedicato ai ragazzi. Si chiamava Atinù, era pieno di notizie e giochi. Lì è nata la mia passione per l’editoria per ragazzi. Lì ho fatto il mio apprendistato. E quando la Mondadori mi ha chiesto se volevo scrivere un romanzo per i più piccoli che doveva però anche raccontare un pezzo delle storia d’Italia, è iniziata l’avventura. Ho raccontato la nostra emigrazione verso le Americhe attraverso le vicende di due giovanissimi protagonisti, Angela e Michele, che porto nel cuore, quasi fossero due parenti stretti.

Ci sono degli autori o un autore in particolare che hanno influenzato il tuo lavoro di scrittrice?
No, non ci sono scrittori in particolare ma c’è un tipo di scrittura che prediligo. È quella essenziale, un po’ cinematografica, poco ammiccante. E se sono bloccata, mi basta leggere qualche pagina di un qualsiasi libro di Georges Simenon, il papà del commissario Maigret, per ritrovare il piglio della scrittura. Sarà perchè lui ne sfornava a getto continuo. Qualcuno trova strano che il mio “sciogliscrittura” sia un autore per adulti. Ma i miei libri sono per ragazzi un po’ grandi, dagli 8 anni in su. Da quell’età in poi, non c’è a mio avviso un’enorme, abissale, differenza tra scrivere per adulti o per ragazzi.

Raccontaci in breve una giornata tipo di quando scrivi.
Mi spiace ma rischio di essere noiosa… Lavoro al mattino e al pomeriggio con un breve intervallo all’ora di pranzo. Sono abbastanza mattiniera e non scrivo la notte. Mi circondo di libri e di documentazione che ho raccolto e dei mille appunti che ho scritto perchè quasi mai (o forse mai) i miei libri sono di pura fantasia. In genere racconto storie ambientate in contesti reali o la vita di personaggi realmente esistiti come è il caso di Sofia Kovalevskaja, la matematica russa protagonista del mio libro – La trottola di Sofia – che è nella  cinquina del premio Strega Ragazzi +11. Una delle fasi che più mi piace nel processo di creazione di un romanzo è quella preparatoria, quando leggo, studio, scopro cose nuove e cerco di estrarre, da una mole di informazioni, il senso e il succo della storia che racconterò.

Cosa ti piacerebbe che pensassero i lettori una volta terminato il tuo libro?
Vorrei che pensassero: “Voglio subito leggere un altro libro di questa autrice”. È quello che desidero anch’io quando un autore o un’autrice mi piace davvero.

Che cosa consiglieresti a un tuo lettore che volesse scrivere un libro?
Gli darei un unico consiglio: fai parlare le emozioni, se non ti emozioni quando scrivi, se non senti le emozioni che agitano i tuoi protagonisti, non le sentiranno neppure i tuoi lettori. E senza questa tensione, potrai fare forse un libro tecnicamente buono, scritto bene, ma non sarà mai un libro da ricordare

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